L’autista di Dio

L’autista di Dio è il libro che non avrebbe mai dovuto essere scritto.

Quando ho avuto l’idea per questo romanzo l’ho raccontata a un noto critico letterario che, dopo avremi ascoltata, mi ha risposto: “No, è uno schifo. L’idea non funziona”. Chiaramente sono rimasta molto male a sentire una risposta del genere ma ho insistito e gli ho chiesto perché la pensasse così. La risposta è stata perfino peggiore: “Perché lo dico io”.

Dovete sapere che, fin da bambina, questo è il modo migliore per farmi fare esattamente l’opposto di ciò che mi viene detto. Per me non è accettabile che non mi si dia una ragione, un motivo valido a sostegno di una tesi. Sarà perché sono stata educata dai domenicani, maestri del confronto dialettico, sarà per carattere ma è proprio una delle cose che più detesto in assoluto.

Il risultato di quest’amabile discussione con il noto critico è stato che, dopo solo sei mesi, il romanzo ha visto la luce. E forse non avevo torto a volerlo scrivere proprio così e seguendo la mia idea iniziale poiché non solo è stato amatissimo dai lettori, ma ha anche vinto i prestigiosi Garfagnana in giallo e Giallo Garda.

L’idea per questo romanzo nasce pensando al ritrovamento nella casa dei Gurlitt a Monaco nel 2013 di una parte del favoloso tesoro d’opere d’arte degenerata requisite dai nazisti. Fra queste opere ci sono lavori di Monet, Chagall. Lutrec, Kandinsky, Klee e molti altri che si pensavano perduti per sempre.

La mia immaginazione da romanziere che però basa ogni scelta su fatti reali e su storie plausibili, ha inserito in questa collezione anche una tela di De Chirico. Non a caso, fra i tanti pittori italiani è stato scelto proprio lui che aveva amicizie con ebrei, in primis, il direttore del Pitti, Giorgio Castelfranco, il quale riuscì a sopravvivere e mandare la famiglia negli Stati Uniti proprio grazie alle opere dell’amico.

È molto importante però capire se i quadri sono autentici e, nel romanzo, l’unica in grado di autenticare il quadro di De Chirico è la bolognese Alba Naddi, consulente esterna dei carabinieri del nucleo per la tutela del patrimonio culturale. Le pagine relative al modus operandi e al lavoro dei carabinieri di questo nucleo speciale sono state scritte grazie alla disponibilità del capitano Ciro Imperato che non ha esitato a offrirmi tuttoil sostegno possibile.

Mentre Alba si organizza per andare a Monaco ad analizzare il quadro uno dei possibili eredi la contatta informandola d’aver trovato un diario in cui vi sono indizi utili per rintracciare i legittimi proprietari forse di molte delle opere in questione.

Il diario è destabilizzante. Alba si ritroverà a rischiare la vita a causa di un segreto vecchio di 75 anni e scoprirà la storia del temerario pilota Angelo Tiraboschi, sospettato di traffici illeciti e dell’omicidio di un imprenditore dell’acciaio. Su Tiraboschi investigano congiuntamente l’Ovra e la Gestapo, i servizi segreti fascisti e nazisti, e il romanzo procede in un gioco di specchi dove nulla è come sembra. Molti sono i riferimenti alle spie del periodo, compreso il nostro monument man, Rodolfo Siviero, l’uomo che, dopo la fine della guerra, riporterà in Italia moltissime delle opere trafugate dai nazisti non solo per scopi lucrativi privati ma anche per la collezione di Göring o per il Museo d’arte che Hitler aveva deciso d’allestire.

In questa storia nella Storia molte sono le spie e e i misteri e la bellezza dell’arte si mischia a quella delle spettacolari automobili che partecipano alla Milla Miglia del 1938.